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Genetica agraria-le Cultivar

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EVOLUZIONE DELLE PIANTE ORTIVE E OTTENIMENTO DI NUOVE CULTIVAR - GENETICA AGRARIA


Le piante ortive odierne sono molto diverse dai loro antenati. Esse derivano da piante spontanee che non sempre sono commestibili. Si prenda ad esempio la Carota: essa origina dalla carota selvatica (Daucus carota) che ha una radice molto più piccola, legnosa e bianca rispetto a quella coltivata con radice grande, carnosa e generalmente arancione. Inoltre molte specie provengono tutte dagli stessi areali in varie parti del mondo.
Nel corso dei secoli le orticole non sono diventate come quelle odierne per evoluzione naturale,ma ad opera dell’uomo che ha selezionato i migliori individui e li ha incrociati fra loro in modo del tutto naturale ma con tempi molto lunghi.
Oggi molti sono i metodi per ottenere nuove cultivar ed hanno tutti lo scopo di rendere un ortaggio maggiormente produttivo, con particolari qualità organolettiche (colore, sapore,ecc.) resistente a malattie, adattabile a diverse condizioni ambientali, a ciclo colturale più o meno lungo,ecc.
Prima di elencare le metodologie è opportuno descrivere alcuni elementi basilari di botanica del fiore,del seme e di biologia molecolare.

Cellula vegetale,Organi riproduttivi del Fiore, Embrioni - in estrema sintesi,la cellula vegetale è costituita   da vari organelli con specifiche funzioni immersi nel citoplasma. In particolare nel nucleo sono presenti   i cromosomi che contengono il patrimonio genetico. La cellula vegetale, diversamente da quella animale,è provvista,oltre che di membrana citoplasmatica, anche di una parete.
Un fiore si dice completo quando è ermafrodita,ossia presenta sia organi femminili (ovario,stilo e stigma) che nell'insieme costituiscono il gineceo sia organi maschili (gli stami formati dalle antere e filamenti) che nell'insieme costituiscono l'androceo. Dalle antere viene diffuso il polline che posandosi sullo stigma feconda il fiore. Gli ovuli fecondati si trasformano in semi contenenti un embrione da cui si svilupperanno prima la radici e poi il fusto.
Mitosi - è un processo di riproduzione cellulare asessuata con il quale da una cellula madre si formano due cellule figlie geneticamente identiche alla cellula madre. Nella mitosi non si ha quindi produzione di cellule con patrimonio genetico derivante sia da una specie maschio (con polline) sia da una specie femmina (con ovuli) ma la produzione di cellule con patrimonio genetico derivante solo dalla cellula madre. In sintesi si tratta di ottenere dei cloni della cellula madre. La mitosi presenta diverse fasi: nella profase due cromatidi fratelli identici vanno a formare i cromosomi. Contemporaneamente  si formano dei filamenti detti microtubuli che formaranno il fuso mitotico, la struttura che dirige  i movimenti dei cromosomi. Nella prometafase i microtubuli si uniscono con il centro dei cromosomi i quali si spostano verso l'equatore del fuso. Nella metafase i cromosomi si allineano nella parte mediana della cellula. Nell'anafase, i cromatidi fratelli dei cromosomi si separano e migrano verso i poli opposti della cellula. Nella telofase i cromatidi si trovano completamente ai due poli e si  formano intorno ad essi le membrane nucleari. Infine,nella citodieresi,il citoplasma si separa al centro formando due cellule figlie,uguali alla cellula madre ma più piccole.

Produzione di nuove cultivar

Alcuni metodi per ottenere nuove cultivar sono:
Incrocio mirato – consiste semplicemente nell’incrociare due piante appartenenti alla stessa specie ma con caratteristiche diverse,ossia due cultivar o varietà. Il fiore di una delle due cultivar,se completo,viene privato dell’androceo (gli stami) e impollinato artificialmente (con un pennellino)con il polline prelevato dall’altra cultivar.





Incrocio interspecifico – consiste nell’incrociare due piante appartenenti a due specie diverse strettamente imparentate, di cui una,in genere, è selvatica. La specie selvatica molto spesso conferisce maggiore resistenza all’ibrido ottenuto.







Incrocio ponte – si utilizza quando si vuole trasferire un determinato carattere da una specie ad un’altra che sono però incompatibili fra loro. Occorre disporre di una cultivar compatibile sia con la specie A sia con la B. La specie A si incrocia con C e l’ibrido ottenuto AxC si incrocia a sua volta con B. Si ottiene così un ibrido che porta anche le caratteristiche di B. Il lato negativo è che vengono trasmesse anche le caratteristiche di C che possono non essere desiderabili.





Mutazione indotta – si tratta di provocare mutazioni casuali del DNA tramite irraggiamento della pianta o di suoi organi riproduttivi con radiazioni ionizzanti. Si ottengono dei mutanti che in gran parte portano alterazioni negative, ma a volte positive. Il metodo non porta ad ogm, poiché anche in natura possono instaurarsi mutazioni spontanee. Un esempio tipico di mutazione indotta è quella dell’ottenimento di piante di Pisello afile,in cui le foglie sono sostituite da cirri.




Maschiosterilità citoplasmatica (CMS) – si tratta di ottenere ibridi tra due specie di cui una presenta gli organi maschili incompleti o polline sterile (fenomeno denominato maschiosterilità che in natura può avvenire per mutazione spontanea). L’ibrido ottenuto è maschiosterile.Il metodo è utilizzato per creare ibridi di orticole di cui non si consumano i semi.


Tetraplodia indotta – la maggior parte delle orticole è diploide, ossia con due copie di cromosomi. Dal processo di mitosi si originano due cellule diploidi uguali a quella originaria. A volte può accadere che alcune piante siano poliploidi,ossia con più di due copie di cromosomi. In particolare è possibile ottenere piante tetraploidi (con quattro copie di cromosomi) con l’impiego di colchicina,un alcaloide tossico che impedisce la formazione del fuso mitotico.

Il risultato è che una cellula diploide non produce due cellule diploidi ma una sola tetraploide. Le piante tetraploidi sono in genere più robuste e dall’incrocio con piante diploidi si ottengono piante triploidi che sono sterili e non producono semi, come in certe varietà di Anguria.




Fusione cellulare con protoplasti – frammenti di foglie di piante diverse vengono trattati in vitro con enzimi che dissolvono la parete cellulare. Si ottengono così cellule prive di parete dette protoplasti che vengono fusi insieme tramite glicole polietilenico (PEG). Si ottiene il cosiddetto “callo” tetraploide con cromosomi e organelli dei protoplasti delle due foglie originarie e che, appositamente coltivato,da origine a cellule vegetali con parete e con caratteristiche varie.
Tutte le tecniche descritte operano sull'intera pianta o su tessuti e cellule. Solo le tecniche che non utilizzano radiazioni ionizzanti o composti chimici come la colchicina sono ammesse in agricoltura biologica. Le tecniche che operano a livello di DNA danno origine ad organismi geneticamente modificati.

Piante geneticamente modificate (OGM)

Per ottenere un Ogm occorre identificare nel DNA delle cellule di una pianta il gene che conferisce una particolare caratteristica e isolarlo. Innanzitutto per tagliare il DNA si utilizzano particolari enzimi detti “di restrizione” prodotti da certi batteri. I pezzi di DNA vengono separati e il gene di interesse viene così isolato. Lo stesso procedimento di taglio si esegue su batteri di Escherichia coli i cui plasmidi, costituiti da DNA circolare,sono stati addizionati di un “marcatore” che consentirà di verificare la presenza del gene nella pianta ospite ogm. Il gene desiderato e il frammento di plasmide con marcatore vengono uniti tramite un altro enzima batterico denominato “ligasi”. Nel batterio di E.coli viene quindi introdotto il nuovo plasmidio con ancorato il gene d’interesse e il marcatore. Il batterio,moltiplicandosi, origina molti batteri contenenti il plasmidio nuovo.
Il batterio con il nuovo plasmidio deve trasferire il gene voluto nel DNA di una cellula vegetale che darà origine ad un Ogm. Per ottenere ciò si utilizza un altro batterio,l’Agrobacterium tumefaciens, che è presente nel suolo e penetra nelle piante attraverso delle ferite causando cancri. Innanzitutto il gene che provoca il tumore viene rimosso dal DNA dell’Agrobacterium che è denominato “T-DNA” e nel batterio si inserisce il plasmidio con il gene d’interesse e con il marcatore provenienti dalla moltiplicazione dell’E. coli. Infine si consente che l’Agrobacter modificato infetti cellule vegetali che diventano così un ogm con un particolare gene conferente determinate caratteristiche. Volendo,poi,il marcatore può essere rimosso.
Purtroppo non tutte le piante si fanno infettare dall’Agrobacterium. In questo caso si usano dei piccoli cannoni che proiettano, ad elevata velocità nelle cellule vegetali, dei microscopici proiettili ricoperti con il DNA transgenico che si inserisce nel nucleo. Il metodo si
definisce “biolistico”.Ottenute cellule vegetali ogm è possibile,a volte, ottenere subito semi ogm da cui si svilupperanno piante ogm. Tuttavia,nella maggior parte dei casi,le cellule ogm vanno coltivate in vitro su appositi substrati e con ormoni regolatori di crescita. Da queste colture cellulari si ottengono plantule geneticamente modificate.



Micropropagazione


I mezzi normalmente utilizzati per riprodurre le piante sono i semi, bulbi, rizomi, stoloni, tuberi ed eventualmente talea e innesto. Con il progredire delle biotecnologie si è reso possibile riprodurre le piante per via vegetativa utilizzando tessuti di svariati organi della pianta e anche singole cellule. Lo scopo che accomuna le varie tecniche (denominate micropropagative) è quello di ottenere embrioni o anche germogli che, coltivati opportunamente, danno origine alle piante. I vantaggi della micropropagazione sono rappresentati
dalla possibilità di ottenere numerosissime piante partendo da un piccolo frammento di pianta madre, dall’ottenere piante esenti da patogeni e dalla possibilità di ottenere nuove cultivar, compresi gli Ogm, in tempi veloci e controllati. Gli aspetti negativi consistono nella possibilità di ottenere piante con modificazioni genetiche e nell’utilizzo di tecniche che sono molto sofisticate.
I tessuti prelevati devono essere coltivati in appositi mezzi di coltura costituiti da agar,acqua,sali minerali e vitamine e zucchero. Fondamentale è il corretto apporto di ormoni della crescita (auxine e citochinine) che nelle giuste proporzioni agevolano la radicazione e la divisione cellulare dei tessuti i quali,prima di essere
sottoposti a coltura vanno sterilizzati con opportune sostanze per uccidere i microrganismi eventualmente presenti senza intaccare i tessuti stessi. I tessuti vengono poi trasferiti in contenitori sterili contenenti il mezzo di coltura. Dopo aver lasciato le colture in appositi locali correttamente illuminati e climatizzati, si ottengono direttamente embrioni o germogli oppure si forma il cosiddetto “callo” che è una massa amorfa di cellule che,utilizzato nella sua interezza o in sospensione (anche di singole sue cellule),dà origine agli embrioni o ai germogli. Da questi si sviluppano quindi le plantule. In linea generale,le varie tecniche si possono così schematizzare:


La partenocarpia e la produzione di frutti senza semi

Normalmente la produzione nelle piante ortive da frutto è dovuta all’impollinazione e fecondazione degli organi femminili dei fiori. Tuttavia alcune piante sono in grado di produrre frutti senza che sia avvenuta la impollinazione e/o la fecondazione. Il fenomeno è definito partenocarpia e porta alla formazione di frutti sterili senza semi (apireni).
La partenocarpia è un fenomeno poco diffuso poiché lo scopo del frutto è quello di permettere la riproduzione della pianta, tramite semi. Infatti la condizione normale sarebbe quella della degenerazione del fiore o del frutto se non sono fecondati.
Diverse sono le tipologie di partenocarpia:
Partenocarpia obbligata - totalmente di origine genetica. Un fattore genetico favorisce il mantenimento di un alto livello ormonale di gibberelline o auxine nell'ovario;infatti la partenocarpia può essere indotta artificialmente trattando i fiori con i due ormoni.
Partenocarpia facoltativa - dovuta a fattori genetici ma influenzata dalle condizioni ambientali
Partenocarpia accidentale - dovuta a condizioni ambientali sfavorevoli, quali bassa o alta temperatura,
fotoperiodo e umidità durante il periodo
dell'impollinazione.
Partenocarpia stimolativa - in alcune piante è
necessaria l'impollinazione o un'altra stimolazione per ottenere la partenocarpia.
Può essere determinata da:

  • insufficiente impollinazione di un ovario con fecondazione incompleta di pochissimi ovuli in esso contenuti; le poche fecondazioni avvenute stimolano gli altri ovuli a svilupparsi partenogeneticamente. L’ovario si ingrossa, gli ovuli, fecondati o meno, abortiscono e si ottiene un frutto senza semi.
  • impollinazione dell’ovario senza fecondazione. L'accrescimento dei tubetti pollinici è sufficiente a stimolare lo sviluppo dell'ovario in frutto.
  • impollinazione dell’ovario di una specie con il polline di un'altra specie incompatibile con la prima specie, ma il cui polline sia in grado di determinare su di essa la partenocarpia stimolativa.
Partenocarpia vegetativa- non è richiesta impollinazione o altri stimoli per produrre frutti partenocarpici. Il meccanismo è poco conosciuto,ma probabilmente è di origine genetica.



Stenospermocarpia avviene la fecondazione dell’ ovulo ma è seguita dall'aborto dell'embrione. I frutti contengono strutture simili a semi che però mancano di embrione e di endosperma. L'impollinazione e la fecondazione avvengono entrambe nella stenospermocarpia ma non nella partenocarpia.

La produzione di frutti senza semi si può ottenere artificialmente tramite incroci, mutazioni genetiche o somministrazione di ormoni della crescita.
I Pomodori senza semi si producono tramite incroci (che necessitano di impollinazione) oppure provocando la mutazione di un gene della pianta. Non si tratta di ogm perchè non si introducono geni estranei alla pianta. Il gene mutato provoca un aumento dell'ormone auxina che porta alla produzione del pomodoro senza formazione di semi e bisogno di impollinazione. Oltre ai Pomodori e Cetrioli, si sono ottenuti anche Peperoni, Melanzane e Zucchine senza seme. Queste ultime due non hanno però un gran rilievo poichè si consumano prima della maturazione completa e quindi quando i semi sono appena formati. Diverso è il caso delle Angurie senza semi dette triploidi perchè ottenute non per partenocarpia,ma impollinando una pianta normale diploide con una tetraploide ottenuta artificialmente.

Considerazioni sul miglioramento delle orticole e sui moderni metodi produttivi - il miglioramento delle specie orticole ottenuto attraverso i secoli da accurate selezioni e incroci ha portato,oltre agli ovvi vantaggi, anche ad un impoverimento di tutte quelle varietà ormai soppiantate dalle varietà moderne. Le varietà moderne ottenute per ibridazione hanno il vantaggio di essere spesso resistenti a diverse patologie e quindi si possono utilizzare meno fitofarmaci.Se si considera però che tali ibridi F1 non sono in grado di fornire semi fertili,è ovvio che la conseguenza è quella di dover dipendere dalle case produttrici di sementi. Il problema è ancora più evidente quando si tratta di varietà ottenute con biotecnologie, ogm o meno, le quali si possono ottenere solo tramite apparecchiature e personale scientifico. Riguardo agli ogm, essi hanno il pregevole vantaggio di essere assai resistenti agli erbicidi e a molti patogeni,compresi i virus. Inoltre è possibile produrre ogm con particolari proprietà nutritive benefiche per la salute. Cionostante gli ogm sono vietati in molti Paesi,compresa l'Italia,per il potenziale pericolo di trasmissione di geni modificati nei confronti di altre specie. Per salvaguardare la diversità biologica di specie che potrebbero estinguirsi o sono già estinte si sono create delle apposite banche,dette del germoplasma, in cui sono custoditi semi,tessuti, cellule,DNA,ecc. di migliaia di specie. Da evidenziare che tale patrimonio può rendersi spesso disponibile per la produzione di specie estinte proprio solo grazie alle vituperate biotecnologie.
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